Immuni al Design.

Riccardo Urso
3 min readOct 19, 2020

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Ai tempi della cosiddetta fase 1 della pandemia, l’intero concept dell’app Immuni mi sembrava, come dire… una cagata pazzesca!
Il giudizio non era riferito al prodotto in sé (allora la maggior parte delle critiche riguardavano gli aspetti tecnologici e le questioni relative alla privacy e alla gestione dei dati), ma, per deformazione professionale, il mio giudizio si riferiva al sistema-prodotto. Non capivo, ad esempio, l’utilità del servizio in un momento in cui si faceva fatica a effettuare tamponi addirittura a chi stava effettivamente male, ma non malissimo.

Mi dava fastidio un po’ tutto di quel progetto: dalla grafica alla strategia di comunicazione, fino all’assoluta sciatteria con cui le recensioni negative venivano lasciate morire sull’App Store, senza alcuna risposta. Mentre, visto che far scaricare l’app dal maggior numero di persone era il principale (se non l’unico) obiettivo, penso che monitorare i commenti e rispondere alle eventuali obiezioni dovesse essere una delle attività da presidiare con attenzione. E non penso proprio che si dovesse essere un esperto di digital customer journey per capirlo…

Da quel particolare e da tanti altri dettagli raccolti dalla mia mente deviata, l’idea che mi ero fatta di Immuni era quella di un servizio su cui gli stessi promotori credevano pochissimo.

E poi c’era quel naming demenziale: Immuni. Un po’ come se Tinder si fosse chiamata Vergine

Una ventina di giorni fa, invece, ho deciso anch’io di scaricare Immuni per una serie di motivi, molti dei quali sommersi o inconsci, probabilmente a causa di quei bias cognitivi per cui spesso si tende a preferire prodotti sponsorizzati dalle persone di cui ci fidiamo. Inoltre, anche se il nome dell’app non è cambiato, lo scenario odierno relativo a test e tamponi vari mi sembrava profondamente diverso da quello della passata primavera.

Ma poi sono arrivati alcuni indizi che mi hanno fatto ri-ricredere: come le testimonianze che dimostrano quanto il meccanismo con cui comunicare al sistema la proprià positività non sia così facile e user-friendly come comunicato.
E oggi leggo questo articolo di Repubblica che “condivido” in tutti i sensi:

Tutto ciò è l’ennesima conferma, per me, dell’assoluta incapacità da parte dell’attuale classe dirigente politica (non solo in Italia, ovviamente), di realizzare e amministrare progetti strategici caratterizzati da un minimo di complessità.

Per progettazione, ciò che gli anglosassoni chiamano design (da non confondere con quello che nella nostra accezione comune indica solamente la particolare forma, che ne so, di uno spremiagrumi che ricorda un ragno), intendo un’attività complessa, che implichi competenze multidisciplinari e capacità proiettiva.

Che senso ha perdere mesi a studiare la tecnologia più adatta, sviluppare il codice, modificare l’interfaccia grafica, gli sfondi e le icone… se poi nessuno ha pensato a progettare e far funzionare tutto il sistema che la tecnologia avrebbe dovuto attivare?

Allo stesso modo, ragionando semplicisticamente sul singolo prodotto o servizio, che senso ha avuto perdere tempo e risorse per mettere a punto protocolli e procedure per regolamentare l’entrata, la permanenza e l’uscita degli studenti da scuola, se poi ci si ritrova a dover prendere autobus, tram o metro stracolmi di persone, per andare a passare magari l’intero pomeriggio a casa dei nonni dimenticandosi finalmente della fastidiosa mascherina obbligatoria all’aperto?

Che senso ha vietare la vendita di una bottiglia di vino al supermercato dopo le 18? (Non mi rispondete che serve ad evitare gli assembramenti, vi prego).

Che senso (e che prezzo) ha avuto “chiudere tutto” senza riuscire in tutti questi mesi a pensare e progettare realmente delle strategie sensate per proteggere veramente tutti i soggetti più a rischio?

Che senso ha promuovere il download di un’applicazione che ti promette di tracciare i contatti e di avvisarti in caso di possibile contagio (nonostante l’applicazione si chiami Immuni…), se dall’inizio di questa pandemia cinese (a proposito, è sempre “cinese” o ancora non si sa bene?) non siamo ancora riusciti a tracciare un solo cazzo di contatto in un modo progettato e gestito per bene?

Per me ha tutto poco senso.

Penso proprio che andrò a lenire un po’ il mio sconforto con un buon bicchiere di vino prima di pranzo… Anzi no, perché sabato sono andato a fare la spesa dopo le 18 e sono rimasto senza bottiglie!

Originally published at https://ilricky.wixsite.com on October 19, 2020.

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Riccardo Urso

Questo giovane vecchio nasce architetto per poi diventare project/account manager/sherpa aziendale, ma anche graphic/content/strategic designer freelance.